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ORTO IN TERRAZZO

Guida alla coltivazione della verza biologica

 

Alcuni lo chiamano cavolo di Milano, altri cavolo lombardo, altri ancora cavolo di Savoia. I più, però, lo chiamano semplicemente verza. Il cavolo verza è un ortaggio molto diffuso sulle tavole autunnali e invernali, nonché protagonista indiscusso di alcuni piatti tradizionali del nord Italia. Tra questi è d’obbligo ricordare la cassoeula, piatto popolare lombardo realizzato a partire dai tagli più economici del maiale (cotenna, piedini, muso, costine) scopo dei quali è – o meglio era perché oggi si usano anche i tagli più pregiati – semplicemente quello di insaporire l’ortaggio. La verza, quindi, non può mancare negli orti dell’Italia settentrionale dove, come vuole la tradizione, deve essere raccolta solo dopo la prima gelata invernale.

Il cavolo verza è talvolta confuso con il cavolo cappuccio ma, a differenza di questo, presenta foglie increspate caratterizzate da nervature molto prominenti. Si tratta di una pianta che completa il proprio ciclo biologico nell’arco di due anni: come tutte le piante biennali, nel corso del primo anno, la verza sviluppa foglie, radici e fusto, ossia tutte le strutture vegetative, prima di entrare nel periodo di quiescenza invernale. In questa fase il gambo rimane molto compatto e le foglie sono riunite attorno a una rosetta basale: è il cavolo verza così come lo conosciamo (e mangiamo). Le foglie sono appressate le une alle altre a formare una palla – conosciuta anche come testa – di colore verde chiaro, nella sua parte esterna, e giallo-verde (o violacea in alcune varietà) all’interno. Nel secondo anno, se la verza non è raccolta, la pianta allunga notevolmente il gambo e “va a fiore” (“a seme”), prodigandosi in una fioritura e producendo molti semi per completare il proprio ciclo biologico prima di morire. La raccolta della pianta, ovviamente, deve avvenire ben prima della fioritura e, quindi, nel corso dei mesi invernali (sebbene esistano anche varietà primaverili ed estive). Alcune delle varietà invernali più diffuse sono “Tardivo di Milano” e “Comune d’inverno”, mentre tra le varietà autunnali si ricordano “Verzotto d’Asti” e “Testa di ferro”. Il “Precocissimo d’Asti” è invece una delle varietà primaverili-estive più precoci (queste ultime sono particolarmente soggette alla prefioritura, come vedremo più avanti).

Il terreno adatto al cavolo verza biologico

Ogni orticoltore amatoriale dispone di un certo terreno. Chi dietro casa, chi in un orto comunale, chi in un pezzettino di terra in affitto. Non è certo possibile andare alla ricerca del terreno ideale per ciascun ortaggio, altrimenti dovremmo coltivare le carote nella sabbia a poca distanza dalla costa e poi spostarci rapidamente in collina per curare le patate: decisamente scomodo! E poco rispettoso della cultura dell’agricoltura a metro zero, tipica di chi conduce un orto biologico familiare per il piacere di assaporare la verdura appena colta nel pieno rispetto dell’ambiente. Detto questo, però, è sempre bene considerare le esigenze teoriche di ogni coltura in modo da adattare l’aiuola di cui si dispone e renderla quanto più simile al terreno considerato ideale per ogni ortaggio.

Nel caso del cavolo verza non si dovrebbero incontrare particolari difficoltà in quanto si tratta di un ortaggio che si adatta bene a buona parte dei terreni. La reazione del terreno (il pH) svolge un ruolo chiave nello sviluppo degli ortaggi in quanto determina la disponibilità dei diversi elementi nutritivi. Nel caso del cavolo verza, il pH ideale è intorno a 7 ossia neutro, un valore che troviamo in molti orti familiari e, quindi, non dobbiamo preoccuparci troppo. Se coltiviamo l’orto in contenitore sul balcone o sul terrazzo, però, cerchiamo di acquistare terriccio con pH compreso tra 6,5 e 7,5 in modo da essere nella forbice di valori preferita dalla verza.

Il terreno dovrà avere una buona dotazione di sostanza organica, aspetto che in un orto condotto con metodo biologico dovrebbe essere sempre soddisfatto. Se invece siamo alle prime esperienze e il terreno del quale disponiamo è povero in sostanza organica, sarà bene incorporare letame o compost per arricchire il suolo e migliorarne le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche. Sei o sette chilogrammi di letame al metro quadrato sono un buon quantitativo per iniziare a risollevare le sorti di un terreno particolarmente povero: dovranno essere dati come concimazione di fondo al termine dell’estate. Dopo i primi anni, se si rispetteranno le condizioni del metodo biologico, gli apporti di sostanza organica saranno ridotti all’area di messa a dimora delle piantine e potranno consistere esclusivamente in qualche palettata di compost di buona qualità. Se abbiamo la fortuna di disporre di letame, ricordiamoci di non utilizzare quello fresco ma solo quello maturo (l’unico che può essere davvero definito letame!). Riconoscerlo non è troppo difficile: il colore è scuro e, soprattutto, l’odore non è per nulla sgradevole in quanto si tratta di sostanza organica ormai stabilizzata.

La semina del cavolo verza biologico

Il cavolo verza è un ortaggio decisamente rustico che, quindi, può essere seminato in pieno campo (o comunque in un semenzaio all’aperto), in posizione soleggiata e, possibilmente, in un terreno ricco di sostanza organica, meglio se protagonista di una buona letamazione nel corso della coltura precedente. In linea di massima, le varietà estive si seminano tra marzo e aprile, mentre quelle invernali tra aprile e maggio.

Per agevolare il lavoro di semina del cavolo verza si possono segnare solchi profondi poco più di due centimetri a una distanza di quindici centimetri, all’interno dei quali disporre i semi con l’accortezza di evitare una eccessiva fittezza. Dopo circa quindici giorni dalla semina si dovrebbe assistere alla germinazione. In questa fase è bene evitare di compattare il terreno e, per fare ciò, il trucco dell’orticoltore amatoriale è quello di disporre sottili assi di legno tra le aiuole, in modo da spostarsi esclusivamente calpestando queste e, quindi, limitando la compattazione del terreno a aree molto circoscritte.

Il trapianto del cavolo verza biologico

I semenzali devono essere mantenuti a un corretto grado di umidità: il terreno non deve mai seccare né, d’altra parte, si deve assistere a fenomeni di ristagno. Al contempo, è importante eliminare prontamente tutte le malerbe al fine di ridurre la competizione con i semenzali e facilitare la successiva operazione di trapianto. Se non ci sono particolari difficoltà, dopo poco più di un mese dalla semina, le piantine dovrebbero aver raggiunto un’altezza di circa 15 centimetri e avere differenziato tre o quattro foglie. Raggiunta questa fase di sviluppo è possibile procedere al trapianto per mettere le piantine a dimora alla loro distanza definitiva. L’aiuola destinata all’impianto definitivo deve essere irrigata il giorno prima del trapianto per ridurre lo stress e facilitare l’attecchimento: quantità e modalità di irrigazione devono essere attentamente valutate in modo da evitare che nel corso del trapianto si provochino ormaie sul terreno. Allo stesso modo dovrà essere innaffiato anche il semenzaio dal quale si prelevano le piantine.

Una corretta messa a dimora del cavolo verza deve prevedere una distanza tra le file di circa 45 centimetri. Anche la distanza da mantenere sulla fila dovrà essere pari a 45 centimetri. In alternativa è possibile disporre le piante su file distanti 60 o 70 centimetri con distanza sulla fila compresa tra i 30 e i 60 cm (distanze minori portano a produzioni maggiori ma a pezzature inferiori della testa). Nei primi giorni dopo il trapianto, sino a che non si è sicuri del completo attecchimento, è buona norma procedere a irrigazioni costanti e frequenti per favorire un buon sviluppo radicale.

La rotazione nella coltivazione del cavolo verza bio

Il cavolo verza non deve tornare troppo spesso nelle medesime aiuole. Non solo per ridurre il rischio di malattie ma anche per permettere al terreno di riacquistare la propria fertilità dal momento che i cavoli sono forti consumatori di elementi nutritivi. In linea di massima la rotazione (o l’avvicendamento) deve prevedere una pausa di almeno due anni tra un ciclo colturale e l’altro. In questo intervallo devono essere coltivati ortaggi appartenenti ad altre famiglie botaniche. In particolare, è bene introdurre in rotazione alcune leguminose – come fagioli o piselli – in modo da incrementare naturalmente il tenore di azoto nel terreno.

La concimazione del cavolo verza bio

Vero è che il cavolo verza è un buon consumatore di elementi nutritivi, ma si possono ottenere ottimi risultati produttivi con una oculata gestione della sostanza organica. L’apporto di letame ben maturo prima della lavorazione annuale del terreno e l’uso di compost al momento del trapianto permettono al cavolo verza di disporre di tutti gli elementi della nutrizione necessari. Ricordiamoci che i concimi organici espletano la propria funzione nel corso di un periodo di tempo prolungato; di fatto si tratta di concimi naturali a lenta cessione in quanto macro, meso e micro elementi della fertilità sono resi disponibili gradualmente mano a mano che la matrice organica si mineralizza. Per ottenere questa concimazione a lento rilascio in maniera semplice è sufficiente gestire correttamente il terreno, evitando di impoverirlo con lavorazioni eccessivamente profonde o inutili che provocano una mineralizzazione molto rapida della sostanza organica.

In ogni caso, qualora ci si dovesse accorgere di difficoltà nutrizionali, è possibile utilizzare concimi specifici consentiti in agricoltura biologica alcuni dei quali, venduti in forma liquida, sono particolarmente semplici da distribuire.

Tecnica colturale del cavolo verza bio

I principali aspetti colturali da tenere in considerazione per ottenere produzioni di qualità in quantità sufficiente nell’orto familiare sono il rincalzo delle piantine, le sarchiature e l’irrigazione.

Per quanto riguarda il rincalzo, si tratta semplicemente di ricoprire la porzione basale della pianta con un po’ di terra, facendo attenzione affinché i piccoli cumuli realizzati siano ben compatti e stabili. In caso contrario alla prima pioggia o alla prima irrigazione crollerebbero. Il periodo migliore per la rincalzatura del cavolo verza è circa quindici giorni dopo la messa a dimora delle piantine.

Le sarchiature, invece, sono fondamentali per contrastare la vegetazione infestante che tende a svilupparsi in modo particolarmente vigoroso tra le file. Ne segue che la sarchiatura deve essere eseguita durante l’intero ciclo di vita della coltura. Un modo per ridurre – o annullare – l’intensità di questa faticosa operazione è quello di utilizzare la tecnica della pacciamatura con materiale organico, utile anche per conservare un po’ più di umidità nel terreno.

Come già accennato, infatti, la verza si avvantaggia di buone irrigazioni, soprattutto nelle prime fasi di crescita. Una volta che la testa si è formata, però, è necessario ridurre la quantità degli adacquamenti: in caso contrario si potrebbe assistere a vere e proprie spaccature dell’ortaggio.

Le avversità nella coltivazione della verza bio

Il cavolo verza è soggetto a una serie di avversità, motivo per il quale è importante adottare una seppur minima rotazione colturale all’interno dell’orto.

Il principale parassita è sicuramente la cavolaia. Si tratta di un lepidottero che depone gruppi di uova di colore giallo nella pagina inferiore delle foglie. Una volta schiuse, assisteremo a una invasione di larve che lentamente colonizzeranno l’intera pianta. Nell’orto amatoriale il contenimento di questo parassita può essere svolto anche manualmente: ogni settimana si dovrà verificare la presenza di uova (e di larve) sulle foglie in modo da poterle rimuovere. In contesti più ampi, un ottimo aiuto può essere dato dal Bacillus thuringiensis var. Kurstaki, un batterio ammesso in agricoltura biologica che è attivo solo nei confronti dei lepidotteri.

La malattia fungina più temibile è invece la cosiddetta ernia del cavolo provocata dal fungo Plasmodiophora brassicae. Il patogeno colpisce prevalentemente l’apparato radicale – più raramente il colletto – provocando malformazioni nei tessuti. Le porzioni colpite possono andare incontro allo sviluppo di malattie secondarie a opera di batteri e funghi e, quindi, possono dare luogo all’emissione di odori sgradevoli. Qualora si riscontrasse questa malattia è necessario sospendere la coltivazione di crucifere – la famiglia botanica di cavoli, ravanelli e rucola – per almeno tre anni. In semenzaio e nell’orto in contenitore è consigliabile sostituire il terriccio.

Un’altra avversità, di carattere fisiologico, è la cosiddetta prefioritura. In questo caso, si assiste a una crescita stentata e alla formazione di una testa più piccola. La prefioritura colpisce prevalentemente le varietà precoci in quanto è favorita dalla presenza di eccessi di temperatura e da carenze idriche durante le prime fasi di crescita. La prefioritura si può manifestare anche nel caso in cui, al momento del trapianto, vengano utilizzate piantine ormai troppo sviluppate.

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Luca Masotto By


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