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ORTO IN TERRAZZO

Guida alla coltivazione della valerianella biologica

 

Prenditi un po’ di valeriana! Chi non lo ha detto riferendosi a una persona un po’ troppo agitata? Un’alternativa, sicuramente meno diffusa, alla più classica camomilla. Un tempo la famiglia delle valerianacee era pressoché sconosciuta mentre più recentemente è tornata in auge soprattutto grazie al successo della cosiddetta quarta gamma. Insalate pulite, lavate e confezionate in buste: la valerianella è ora protagonista di una seconda giovinezza che la sta diffondendo sulle tavole degli italiani. Piccole e tenere foglioline di colore verde intenso, già mondate, solo da condire con un filo d’olio sono davvero troppo comode, anche se dal sapore vagamente industriale, per non essere consumate in grande quantità. Ma chi volesse togliersi la soddisfazione di coltivare direttamente la valerianella – risparmiando non poco sul costo della pur comodissima insalata in busta – può farlo senza particolari difficoltà. Questo ortaggio, infatti, si adatta molto bene alla coltivazione sia nell’orto domestico sia in contenitore dal momento che richiede spazi davvero ridotti.

La Valerianella, un’alleata della buona nutrizione

Inoltre, la valerianella è senza dubbio una delle insalate più amate dai bambini. Un motivo in più per valutarne la coltivazione, anche perché, sebbene da un punto di vista energetico apporti un quantitativo quasi nullo di calorie (dieci calorie per ogni etto di prodotto), dal punto di vista nutrizionale presenta un buon contenuto di sali minerali (tra i quali spicca il ferro) e vitamine (in particolare A e C). D’altra parte, il nome di questo ortaggio deriva dal latino “stare bene, essere in salute”, a sottolineare la valenza medicinale della grande famiglia botanica delle valerianacee (a onore del vero, le proprietà depurative, emollienti e calmanti più marcate sono in ogni caso possedute dalla “sorella” maggiore valeriana, Valeriana officinalis).

Descrizione della Valerianella

La valerianella (o soncino oppure songino) è una specie spontanea di origine mediterranea (conosciuta anche con i nomi regionali di lattughella, dolcetta o gallinella). In natura, questa specie (Valerianella locusta) ha un ciclo annuale: nella fase iniziale viene prodotta una rosetta di foglie di forma spatolata e di colore verde lucido lunghe sino a 10 centimetri. In tarda primavera si ha lo sviluppo del fiore, a seguito della fecondazione del quale si ha la produzione dei frutti di colore grigio chiaro – correttamente definiti acheni – che vengono impiegati per la semina. I semi sono molto piccoli (1.000 semi pesano tra i due e i quattro grammi). Inutile dire che la fase riproduttiva serve, appunto, solo per la produzione dei semi e che il ciclo produttivo deve essere interrotto prima dell’emissione dello stelo fiorale al pari di tutte le insalate.

Differenze tra le varietà di Valerianella

La grandezza del seme permette però di distinguere le due principali varietà di valerianelle disponibili sul mercato. La più diffusa per la coltivazione in serra è conosciuta come ‘D’Olanda a seme grosso’, caratterizzata da foglie allungate; la varietà ‘Verde a cuore pieno’, invece, è più resistente al freddo e quindi impiegata prevalentemente per la produzione in pieno campo. Quest’ultima varietà è inoltre la più indicata per la coltivazione in contenitore nel caso di balconi o terrazzi particolarmente esposti alle intemperie.

Le condizioni ideali per la coltivazione della Valerianella bio

Come accennato, la valerianella è una specie spontanea del bacino mediterraneo e quindi può essere considerata perfettamente acclimatata nelle aree temperate. In particolare, il seme germina a 7°C mentre la pianta smette di cresce se la temperatura scende al di sotto dei 5°C. Per questo motivo, se vogliamo coltivare questo ortaggio nelle regioni più fredde del nord Italia, dobbiamo premurarci di proteggerlo dal gelo tramite tessuto non tessuto oppure coltivandolo direttamente in coltura protetta. A questo proposito è importante ricordare che la temperatura registrata al di sotto del tessuto non tessuto è di pochi gradi superiore a quella atmosferica e, pertanto, non dobbiamo porre troppe speranze in esso se il termometro scende al di sotto dei 3°C. Attenzione, inoltre, perché Valerianella locusta non sopporta temperature inferiori ai -2°C. Anche le temperature troppo elevate possono costituire una fonte di preoccupazione: al di sopra dei 25-30°C questo ortaggio inizia a fiorire e le giovani foglie a danneggiarsi. Inoltre con temperature così elevate è inibita anche la germinazione dei semi.

Per quanto riguarda il terreno, la valerianella è decisamente adattabile. La specie è molto rustica e cresce senza difficoltà anche nei terreni pesanti a patto che siano sufficientemente ben drenati e non soggetti a ristagni idrici severi. Un buon tenore di sostanza organica del suolo aiuta lo sviluppo di piante vigorose e l’ottenimento di buone produzioni.

La preparazione del terreno per la Valerianella bio

La preparazione del terreno per la valerianella non richiede lavorazioni profonde ma, in considerazione delle piccole dimensioni del seme, è opportuno assicurarsi che il letto di semina sia ben affinato in modo che la semente possa aderire bene al substrato. Questa precauzione, ovviamente, non vale per chi coltiva in contenitore con terriccio. I più temerari – e rispettosi della struttura fisica del suolo – possono effettuare la semina su sodo, ossia su terreno non lavorato, facendo seguire l’operazione da un rapido e lieve interramento.

La concimazione della Valerianella bio

La valerianella ha scarse esigenze di azoto ma alte in fosforo, mentre possono essere considerate medie quelle in potassio. In linea generale, quindi, non è particolarmente esigente dal punto di vista nutrizionale e può quindi essere coltivata senza particolari apporti di fertilizzante. In particolare, se si vogliono seguire le linee guida dell’agricoltura biologica, la valerianella può essere inserita in rotazione dopo una coltura da rinnovo (per esempio patata o pomodoro) della quale sfrutta la fertilità residua.

Grazie al suo ciclo colturale relativamente breve, la valerianella è adatta inoltre per essere coltivata in piccole aiuole in modo da fornire una produzione aggiuntiva e garantire una maggiore varietà (e biodiversità) al nostro orto.

Semina e trapianto della Valerianella biologica

La coltivazione di questo ortaggio può prendere avvio in due distinte stagioni colturali. Una prima coltivazione può essere svolta con le semine di fine agosto, mentre un secondo raccolto può essere ottenuto seminando a fine febbraio. Si consideri che nel primo caso si avrà una pronta germinazione (meno di una settimana), nel secondo dovremo pazientare un po’ di più.

La semina può essere eseguita a spaglio o a file. Nel caso si preferisse la semina a file – utile sia per contrastare le infestanti tramite sarchiatura sia per l’irrigazione a solchi – queste ultime dovranno essere distanziate di circa 15 o 20 centimetri. Sulla fila, invece, dopo la germinazione le piante dovranno essere diradate in modo da lasciarne una ogni 2 centimetri. Nel caso della semina a spaglio, il diradamento della valerianella dovrà lasciare una maglia di una piantina ogni 2 centimetri circa. È interessante notare che il diradamento è fonte di primo raccolto nel senso che le piantine possono essere già utilizzate per il consumo fresco.

In entrambi i casi, la semina deve essere eseguita superficialmente e seguita da un lieve interramento (ma non è infrequente osservare ottimi raccolti anche con semente lasciata sulla superficie del terreno). Per accelerare la germinazione è consigliabile ricoprire il letto di semina con tessuto non tessuto. Questo accorgimento, nei climi meno rigidi, permette alle semine tardo-autunnali di portare a un raccolto al termine dell’inverno.

Il ciclo colturale ha una durata compresa tra i due e i tre mesi ma, come abbiamo visto, il diradamento conduce a un primo – sebbene modesto – raccolto già dopo poche settimane dall’inizio della coltivazione. Un dettaglio spesso trascurato è la semina scalare: seminando aiuole diverse (anche di dimensioni molto ridotte) a distanza di qualche giorno o settimana le une dalle altre si otterrà una produzione continua e meglio assortita.

L’irrigazione della Valerianella bio

La valerianella non richiede grandi volumi di acqua. Tuttavia giova di un terreno costantemente umido, soprattutto per quanto riguarda la fase di coltivazione estiva e autunnale. In ogni caso sono da evitare i ristagni idrici.

Le avversità nella coltivazione della Valerianella bio

Di norma la valerianella non è colpita da patogeni o parassiti capaci di provocare danni ingenti. Tuttavia non si devono sottovalutare i possibili problemi fitosanitari derivanti dai nemici tradizionali delle insalate. In dettaglio, possono costituire un problema i marciumi di radici e colletto provocati da Sclerotinia minor, Pythium spp. e Phoma valerianellae e i patogeni dell’apparato fogliare come Peronospora valerianellae e Aecidium valerianellae. In tutti i casi, gli effetti delle infezioni possono essere prevenuti grazie a una corretta pratica agronomica a partire da una buona aerazione delle colture e da un ottimale drenaggio dei terreni. Mantenere una buona dotazione di sostanza organica e lavorare i suoli con attenzione sono altri due fattori chiave in quanto favoriscono lo sviluppo di una ricca flora microbica tellurica: microorganismi innocui (se non benefici) per le colture ma capaci di contrastare la proliferazione dei patogeni.

Se si coltiva in ambiente protetto (tunnel, serra) è bene arieggiare con frequenza e evitare una eccessiva umidità all’interno delle strutture.

Anche le infestanti non danno problemi eccessivi: nelle coltivazioni a spaglio, la rapida copertura del terreno da parte dell’ortaggio aiuta a contrastarle. Nel caso della coltivazione a file è facilitata l’operazione di zappatura tra le file.

Chiocciole, lumache, limacce e affini potrebbero costituire un problema per la coltivazione in piena terra mentre sono un’avversità pressoché assente nel caso della coltivazione in vaso. Per contrastarle senza ricorrere a prodotti di sintesi possiamo utilizzare gli appositi (o realizzati in casa con un minimo di fai da te) nastri ricoperti di sale che, tuttavia, deve essere adoperato con cautela in quanto può essere nocivo o fitotossico per gli ortaggi. In alternativa, possiamo approntare trappole a base di… birra. Sì perché oltre a gradire le foglie più tenere dei nostri ortaggi, questi molluschi di terra non disdegnano una boccale spumeggiante: sarà sufficiente realizzare esche interrando recipienti (vasi, bottiglie di plastica tagliate a metà, ecc.) a filo del terreno e riempiendoli di birra. Chiocciole e lumache saranno attratte dal profumo e cadranno inebriate nella nostra trappola. Lo svantaggio di questa tecnica è che le esche devono essere sostituite periodicamente in quanto la birra si annacqua con la pioggia oppure evapora con il caldo. Altri metodi efficaci e green per tenere a bada i gasteropodi sono le barriere di sostanze sgradite da porre a protezione dell’orto: strisce di cenere di legna o fondi di caffè sembrano funzionare a dovere e lo stesso dicasi per materiali abrasivi come segatura, gusci di uovo tritati finemente ma anche corteccia di conifere. Infine, le lumache sono respinte da alcune piante officinali come salvia e timo, ma anche da senape, assenzio, issopo (e ortica): coltivarle o lasciarle crescere nei pressi dell’orto potrebbe dare qualche giovamento.

La raccolta e la conservazione della Valerianella biologica

Se coltivato con metodo biologico, un metro quadrato di orto familiare investito a valerianella può produrre circa 500 grammi di prodotto. In agricoltura convenzionale e in serra le produzioni possono essere molto superiori, soprattutto per le varietà a seme più grande.

Di solito la raccolta inizia dopo un mese e mezzo dalla semina e si può protrarre per circa un mese. La valerianella, infatti, si raccoglie tagliando l’ortaggio a circa un centimetro dal terreno: dal colletto della pianta si svilupperà presto un nuovo raccolto. Indicativamente, le piantine di valerianella si considerano pronte per il raccolto una volta che hanno raggiunto un’altezza di cinque o sei centimetri.

Per evitare un rapido deperimento del prodotto è buona norma raccogliere nelle ore più fresche della giornata in modo che le foglie non perdano il loro caratteristico turgore. L’ideale sarebbe procedere nelle prime ore della giornata o nel tardo pomeriggio. Se non consumiamo subito la nostra valerianella, è bene bagnarla abbondantemente con acqua e conservarla al riparo dal sole in un luogo fresco. In alternativa, possiamo tenerla al riparo di alcuni panni bagnati oppure all’interno di un sacco (per esempio di iuta). Questi accorgimenti sono validi soprattutto per il consumo fresco che, per la verità, è quello che va per la maggiore. Tuttavia, la valerianella può essere consumata anche cotta, in analogia con quanto si fa con coste e spinaci. Ricordiamoci però che ogni passaggio, lavorazione o cottura comporta una perdita di sostanza nutritive: meglio gustarla cruda, soprattutto se vogliamo approfittare delle sue proprietà calmanti per cenare in tranquillità dopo una giornata di lavoro.

© Riproduzione riservata

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Luca Masotto By


2 Commenti

  1. 7 scrive:

    seguo il suo blog da circa un anno e le faccio i complimenti per i contenuti. Sto usando un prodotto valeriana pura biodisponibile da circa un mese e devo dire che sono meno ansiosa e mi sento piu’ rilassata. Per facilitare il sonno con che cosa posso integrare?

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